
Voice4Health: se Alexa diventa la migliore amica di tua nonna
Basta pigiami, plaid, portafoto e pantofole. Se credete che il massimo della tecnologia da destinare a nonni e genitori anziani come regalo sia un massaggiatore plantare, fatevi “smart” ed iniziate a sdoganare dalla vostra wishlist dispositivi come Alexa ed altri assistenti vocali, ideati per migliorare anche la qualità di vita dei più maturi in famiglia.
Il programma Voice4Health, condotto dal Centro di ricerca dell’Università Cattolica EngageMinds HUB (https://engagemindshub.com) in collaborazione con DataWizard (https://datawizard.it) e con il contributo non condizionante di Amazon, ha visto protagonisti 60 volontari nella fascia 65-80 anni che hanno utilizzato per alcune settimane alcuni device, in particolare gli assistenti vocali Alexa di Amazon.
Grazie alle varie funzionalità disponibili, hanno sperimentato significativi miglioramenti in termini di benessere generale: al termine del periodo di test il 75% ha dichiarato di sentirsi meglio, il 62% del campione ha dichiarato di sentirsi meno solo e il 98% ha espresso una maggiore volontà di comunicare con altre persone mediante nuove tecnologie.
Interessante notare come questi miglioramenti persistano anche a distanza di tempo dalla fine della sperimentazione.
Dallo studio appare infatti che tre persone su quattro abbiano visto incrementare il proprio benessere, sia in termini generali che dal punto di vista emotivo e relazionale. Non solo: le persone che hanno partecipato alla sperimentazione – guidata da un protocollo di ricerca scientificamente validato che ha visto l’utilizzo dell’assistente vocale Alexa – hanno riportato una significativa riduzione dello stress psicologico e un miglioramento dell’attitudine personale all’uso della tecnologia.
La “lezione” del Covid sul benessere psicologico
Questa ricerca si è focalizzata su un campione di persone la cui età media era 71 anni e si è svolta per una durata complessiva di 6 settimane: le prime due settimane prevedevano una interazione guidata con lo strumento di intelligenza artificiale Alexa e le altre una osservazione di ciò che cambiava nel percepito e nel vissuto dell’anziano.
Non è un caso che il protocollo di interazione con l’utente utilizzato (Covid Feel Good) sia stato ideato per rispondere attraverso la tecnologia allo stress e al disagio psicologico che ha colpito la popolazione globale dalla comparsa del Covid-19: una epidemia che ha messo a dura prova la nostra identità e le nostre relazioni, oltre che il nostro corpo.
Il Coronavirus ci obbliga a gestire contemporaneamente tre diversi problemi: l’ansia della malattia, la scomparsa dei luoghi e la crisi del senso di comunità.
Problematiche perfettamente declinabili al vissuto di una persona anziana, che si trova pertanto ad essere soggetto fragile “al quadrato” nel contesto pandemico.
«Da un punto di vista metodologico –spiega il professor Giuseppe Riva, Ordinario di Psicologia generale all’Università Cattolica – la matrice scientifica che ha dato luogo a questa ricerca deriva da un altro protocollo chiamato Covid Feel Good (www.covidfeelgood.com) i cui risultati sono già pubblicati a livello internazionale. Si tratta di un video immersivo che simula un ambiente naturale ed è finalizzato a favorire il relax e l’autoriflessione. Tutto ciò – prosegue Riva – è stato integrato con una serie di esercizi che sfruttano le funzioni dell’assistente vocale utilizzato nello studio: giochi, musica, videochiamate, domande e risposte, notizie, ecc. Nel corso della prima settimana di sperimentazione, le persone coinvolte sono state quindi invitate a eseguire alcuni esercizi, basate su applicazioni dell’assistente vocale; mentre nella seconda settimana sono state lasciate libere di utilizzare il dispositivo come meglio credevano. Purché registrassero azioni e sensazioni in un diario, che è stato poi analizzato dai ricercatori dell’Università Cattolica».
Oltre al percorso di rilassamento ed auto-aiuto psicologico, il campione è stato sottoposto a task di interazione con lo strumento digitale, atte a stimolare la creatività, il pensiero, il ricordo e l’operatività dei soggetti (ad es. la ricerca di informazioni in rete, l’effettuare una call visuale con una persona cara), aumentando il livello il benessere dell’anziano.
I risultati prodotti da questa prima fase di sperimentazioni sono in linea con quelli stranieri, ma anche innovativi perché per la prima volta sono stati condotti su un campione di una fascia di età più alta.
La solitudine dell’anziano protagonista della silver economy
Il tema della solitudine dell’anziano è uno dei principali problemi in tutti i contesti occidentali contemporanei. Si vive più a lungo ma inevitabilmente si rimane anche più soli, perché magari si perde il partner o perché il contesto sociale ha reso più complessi e “periferici” anche i rapporti familiari.
L’optimum virtuoso per la persona anziana diventa quello che i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie definiscono Aging in place (invecchiamento sul posto) ovvero “la capacità di vivere nella propria casa e comunità in modo sicuro, indipendente e confortevole, indipendentemente dall’età, dal reddito o dal livello di abilità”.
Ma la solitudine e l’assenza di relazioni sociali porta ad un più veloce decadimento cognitivo a causa della perdita degli stimoli frequenti nella vita quotidiana di relazione.
L’interazione, seppur attraverso una macchina (artificialmente intelligente) consente di mantenere attive le reazioni mnestiche, ridurre dei rischi dovuti alla relazione dell’anziano nel suo contesto ambientale, attivare un canale di comunicazione continuo con il mondo esterno e, dal punto di visto psicologico, aumentarne il senso azione e di controllo, quindi il senso di autoefficacia in modo da contrastare stress e discomfort dovuti al decadimento fisico e cognitivo tipici dell’invecchiamento.
«Si tratta di risvolti di grande interesse – sottolinea la professoressa Guendalina Graffigna, Ordinario di Psicologia della salute e dei consumi presso l’Università Cattolica di Milano-Cremona e direttore dell’EngageMinds HUB – basti pensare a come la pandemia da Covid-19 abbia accelerato, quando non imposto, un cambio di paradigma nelle relazioni familiari attraverso l’uso di collegamenti da remoto, ma anche alla crescente digitalizzazione della pubblica amministrazione che implica, con lo Spid, la creazione di una propria identità digitale con la quale accedere a molti servizi; per esempio la consultazione del fascicolo sanitario o, sempre in questa fase pandemica, la prenotazione della vaccinazione.
L’introduzione del QR code e di queste app – continua Graffigna – può far sentire escluso l’anziano dalla vita sociale, se non ha qualcuno che lo guidi, ma occorre guardare ai futuri anziani che si troveranno a dover vivere in un mondo sempre più dematerializzato: persone molto più avvezze alla tecnologia, più aperte ma che hanno necessità di imparare a sfruttare ancor meglio le applicazioni tecnologiche nella realtà quotidiana».
Dalla tele-medicina, alla pubblica amministrazione al vero e proprio care giving: l’innovazione tecnologica può servire a realizzare una presa in carico a distanza quasi a trecentosessanta gradi.
«In una situazione pandemica dove occasioni di socialità – soprattutto per i più fragili – sono più pericolosi, potersi munire di dispositivi digitali che ci rendano fisicamente distanti ma socialmente vicini può aprire a delle frontiere di innovazione della vita quotidiana e delle relazioni, inesauribili» conclude la professoressa Graffigna.
Entusiastici sono i pareri dei protagonisti del progetto, come spiega il sig. Annese, coinvolto nella sperimentazione: «Alexa può essere di volta in volta un maggiordomo che ti fa la sveglia e ti porta il caffe’, un compagno di giochi, un elettricista che ti accende la luce o ti fa partire la TV e per chi ama la musica – come me – diventa basilare… Alexa senz’altro è qualcosa che ti riempie la vita».
Immancabili le ricadute sul mercato, come ha dichiarato Riccardo Emmolo, Digital Strategist di Datawizard, società di consulenza sul Digital Health che ha co-progettato e realizzato l’esperimento assieme ad EngageMinds HUB: «I risultati di Voice4health sono infatti la conferma di un quadro abbastanza chiaro: nei prossimi 2-3 anni le tecnologie digitali avranno un impatto decisivo sulla cosiddetta ‘Silver Economy’».